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CINEMA: GUCCI E CRUCCI

Cultura  | 13 December 2023

Alessandro Michele, allora direttore creativo della Maison Gucci, per presentare la collezione prêt-à-porter 2020 ebbe una brillante idea: non limitarsi a far produrre uno spot pubblicitario, seppure di alto valore artistico, ma, cavalcando il trend delle piattaforme in streaming, girare una intera serie da trasmettere liberamente in rete tramite YouTube. E insieme al formato di tendenza Michele aveva ben chiaro anche il soggetto, caldissimo: il transgenderismo, vale a dire l’identità di genere non definita, non binaria, non solo femminile o maschile ma entrambe o, meglio, altra; insomma non conforme al sesso naturale, quello genetico, quello determinato dal corredo cromosomico.

Ma Alessandro Michele aveva ben chiaro anche chi dovesse avere la parte da protagonista della serie e chi doveva esserne il regista. Ma prima si doveva ingaggiare il regista e Michele non perse tempo e chiamò nientepopodimenoché Gus Van Sant, autore di film culto (Drugstore Cowboy, 1989, Belli e dannati, 1991) e Palma d’Oro nel 2003 con Elephant, nonché omosessuale dichiarato, da sempre vicino alle istanze della comunità LGBT+. Van Sant raccolse la sfida lanciatagli da Alessandro Michele, scrisse in quattro e quattr’otto la sceneggiatura e rilanciò offrendo al Direttore di girare il film a quattro mani, almeno nominalmente, perché quello che verrà fuori dalla scrittura del regista di Louisville sarà un film di quasi novanta minuti diviso in sette episodi.

Arrivò allora il momento di condividere la scelta del protagonista. E Michele e Van Sant anche qui trovarono una piena intesa sul nome di Silvia Calderoni, icona transgender, più performer che attrice, personaggio feticcio dei Motus di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò che ha raggiunto il successo nel 2015 con il monologo MDLSX, spettacolo tratto dal romanzo omonimo del 2002 di Jeffrey Eugenides, replicato in tutto il mondo, e, con grande rischio, persino nella Russia omofoba di Vladimir Putin, abbandonando il Paese subito dopo la recita per evitare spiacevoli conseguenze: nella “libera” Russia di Putin l’omosessualità o comportamenti sessuali assimilabili, nonché la loro promozione culturale, sono considerati reati punibili con il carcere e una sanzione pecuniaria.

Allora, seppure in piena pandemia – il film è disponibile sul canale YouTube Gucci dal novembre 2020 –, non restava che girarlo questo Overture of Something that Never Ended.

Per prima cosa Van Sant portò a Roma (location dell’intero film) una fredda luce nordica che sacrifica i colori naturalmente caldi della Città Eterna, scelta azzardata che però sposava appieno l’estetica della collezione Gucci prêt-à-porter 2020 (invero dei costumi di scena che si pongono a cavallo tra i ‘70 e gli ‘80, tra l’attillato e il largo, tra I Cugini di Campagna e i Duran Duran, ma sempre toccando l’improbabile), che, a riguardarla, tendeva sempre verso un femminile o un maschile, a prescindere dal corpo che vestiva.

E, tra dialoghi forzatamente nonsense, davanti alla macchina da presa del regista americano sfila un casting fatto principalmente di modelli e modelle (il genere inevitabilmente resiste, esiste), ma soprattutto di strane facce, però, di volti immancabilmente algidi, inespressivi, fermi sopra dei corpi a mo’ di manichino da poterli vestire d’ogni cosa basta che sia costosa – e financo Achille Bonito Oliva, il teorico della Transavanguardia, appare a un certo punto, che pure lui, appeso a un telefono, va a infarcire il dialogo nonsense che caratterizza tutto il film; e dentro il più improbabile dei condomini, compare a un certo punto Billie Eilish che annaffia le piante sul balconcino a ringhiera; e Gus che, con una orribile giacca a quadri, scende a pisciare il cane1 una volta giunti all’ultimo episodio.

E sul finire non vogliamo certo farci mancare la citazione morettiana.

Insomma, a conti fatti, che immagino salatissimi, l’idea di Alessandro Michele, nonostante tutte le buone intenzioni, si traduce e rimane uno spot pubblicitario, anche se lungo novanta minuti circa, seppure farcito della sempre esiziale posizione ideologica, qualunque sia l’Inizio di qualcosa che non è mai finito.

MASSIMO RIDOLFI

1. dalla chiusa di una poesia di Barbara Giuliani, Parlerai dei cespugli che s’imbiancano, Distanze obliterante, Puntoacapo, 2021.

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