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CINEMA: LITTLE FUGITIVE

Cultura  | 01 November 2023

Joey, 7 anni, con un gessetto disegna un cowboy a cavallo su un marciapiede di Brooklyn arroventato dal solleone: Joey sogna di diventare un cowboy che cavalca solitario la prateria con la sua Colt insaccata nella fondina del cinturone. Suo fratello maggiore, Lennie, invece sogna di andare semplicemente a Coney Island con gli amici a spendere i soldi che ha ricevuto come regalo per il suo compleanno. A Coney Island of the Mind, direbbe Lawrence Ferlinghetti, citando il suo capolavoro, uno dei libri di poesia più importanti del ‘900 e il più venduto di sempre, che in poco tempo, rispetto all’eternità della poesia, raggiunse il milione di copie vendute; un luna park dell’anima raccontato e descritto dentro un poema di 29 lunghe sezioni non rimate con ritmi irregolari, direbbe un altro grande poeta, Bertolt Brecht: «Don’t let that horse_eat that violin // cried Chagall’s mother // But he_kept right on_painting // And became famous // And kept on painting_The Horse With Violin In Mouth / And when he finally finished it / he jumped up upon the horse_and rode away_waving the violin – Non lasciare che quel cavallo_mangi quel violino // urlò la madre di Chagall // Ma lui_continuò imperterrito_a dipingere // E diventò famoso // E continuò a dipingere_Il Cavallo Con Il Violino In Bocca / E quando finalmente lo terminò / saltò in groppa al cavallo_e corse via_roteando il violino»1. Ma Coney Island è anche il mare e la spiaggia libera dei newyorkesi. Soprattutto luogo di infanzia e adolescenza con i suoi luna park. Coney Island è per i ragazzi di New York, tutt’oggi, come il Paese dei Balocchi.

Lennie vuole a tutti i costi festeggiare il suo dodicesimo compleanno con gli amici a Coney Island, ma succede che sua madre ha un improvviso impegno di lavoro e Lennie, nel frattempo che lei non c’è, deve badare a Joey, anche se ha solo 12 anni: Lennie è richiamato alle sue responsabilità di uomo di famiglia; sì, perché Lennie e Joey sono orfani di padre. E a malincuore il ragazzo deve cedere all’ordine della madre e invece che andare a Coney Island è costretto a restare nel quartiere, Brooklyn, a suonare l’armonica e a giocare a baseball per la strada.

Accade che uno dei compagni di Lennie, Harry, la mattina porta con sé il suo fuciletto a piombini e, per impressionare Joey, molto più piccolo di loro, fingono che quando è il suo turno di sparare il piccolino spara e ferisce a morte proprio suo fratello Lennie. Allora Joey, sconvolto da quello che crede sia successo per davvero, scappa a casa, prende la sua pistola giocattolo, i tre dollari di Lennie lasciati sotto al telefono quella mattina prima di uscire e scappa a Coney Island.

Little Fugitive (1953) è un film indipendente scritto e diretto a sei mani da Raymond Abrashkin (Ray Ashley), Morris Engel e Ruth Orkin (che si riserva anche una piccola parte nel film interpretando la donna con il bambino sulla spiaggia di Coney Island che chiede a Joey di prenderle un bicchiere d’acqua per suo figlio), girato tutto in bianco e nero e tutto ripreso con una particolare videocamera che Engel stesso ideò e che, letteralmente, indossava durante le riprese, e questo gli consentiva piena libertà di movimento, in più riusciva a nasconderla ai newyorkesi che stavano in spiaggia, che facevano così da comparse inconsapevoli del suo film: questo accrocco che Engel e un suo compagno d’armi, Charlie Woodruff, misero su insieme non è altro che il prototipo della prima steadicam usata al cinematografo.

Se non ci fosse stato questo film, dichiarò François Truffaut, non sarebbe mai stato girato I 400 colpi (1959): non sarebbe mai arrivata la Nouvelle vague, perché questo film insegnò al mondo a come fare per produrre film indipendenti, poveri di mezzi economici e tecnici ma ricchi di creatività.

Ma non si può non rilevare, criticamente, che Little Fugitive (film reperibile liberamente su YouTube), girato interamente con attori non professionisti, nonché unico film di Richie Andrusco (Joey), non sarebbe mai esistito se non ci fosse stato il Neorealismo di Vittorio De Sica e, in particolare, Sciuscià (1946), pellicola alla quale nel 1948 fu assegnato il primo premio Oscar come miglior film in lingua straniera rendendo il cinema italiano famoso nel mondo e il Neorealismo una scuola di cinema studiatissima tuttora in America e nel mondo. Ma si accorsero bene di questa eredità intellettuale a Venezia, quando alla 14a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica riconobbero alla regia di Abrashkin, Engel e Orkin il Leone d’argento.

MASSIMO RIDOLFI

1. Da una versione in lingua italiana di Massimo Ridolfi dei versi iniziali di Don’t Let That Horse, in A Coney Island Of The Mind di Lawrence Ferlinghetti (1919-2021), New Directions, New York, 1958.

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